Questa mia installazione sulla Grande Muraglia è il primo di una serie di interventi a
larga scala che fanno parte di un progetto più ampio che proseguirà in altre parti
del mondo (Australia, Africa, America ecc.).
Il progetto nasce dalla sedimentazione e maturazione di circa quindici anni di
lavoro sul paesaggio sonoro e prende in considerazione due tipi di confini.
I cosiddetti confini naturali, cioè le catene montuose, i lembi di terra lambiti
dal mare, i fiumi ecc., i confini artificiali, vale a dire i confini politici, le mura
difensive ecc.; i confini invisibili, cioè i confini tracciati da certi animali per
motivi strettamente biologici o percepiti dall'uomo grazie a una sua capacità di
integrazione particolarmente felice con l'ambiente, come avviene per esempio in
luoghi apparentemente senza confini come il deserto.

Nel caso di questa installazione sulla Grande Muraglia il confine è al tempo stesso
naturale e artificiale, difensivo e naturale.
Per me è comunque soprattutto un pretesto per trovare una linea che non devo
tracciare, ma che qualcuno o qualcosa ha già tracciato.
In questo caso, nel caso della Grande Muraglia, si tratta di un confine eccelso,
pieno di storia e di di memoria.
E' il Confine per eccellenza, la più grande opera monumentale conosciuta che
sia stata mai stata concepita per delimitare un Impero.

Ma la grande muraglia è soprattutto, nell'immaginazione della mia infanzia
come forse in quelli di ogni bambino occidentale, il confine mitico, il confine
più lontano che si possa immaginare e che solo nel sogno si può raggiungere.
Il fatto di essere qui e poter realizzare sulla Grande Muraglia una mia opera
è quindi, innanzitutto, l'appagamento di un desiderio, la piena realizzazione
di un sogno nel mio percorso di artista.

La Grande Muraglia è anche, al di là di ogni conflitto che ogni confine anche
politico può generare, un luogo di pace, un luogo pubblico, in cui le persone
si possono incontrare, guardarsi a vicenda e forse salutarsi malgrado non si
conoscano. E questo è ancora più vero oggi quando i confini sono cambiati.

Il suono che le arpe producono non fa altro che sottolineare la natura di
confine della Grande Muraglia rendendola anche un confine sonoro.

Il materiale che ho utilizzato per la costruzione delle arpe è in gran parte bambù
perché è un materiale naturale, proprio di questo luogo e di questo paesaggio.
Personalmente non gli attribuisco un particolare senso simbolico, saranno i visitatori,
inevitabilmente, ad attribuirglielo.

Una cosa che mi ha sorpreso e arricchito allo stesso tempo è stata la
consapevolezza della natura del vento che fa suonare le arpe, un vento diverso
da quello che ho imparato a conoscere in Italia.
Questa consapevolezza mi ha portato all'acquisizione di una nuova
sensibilità che senz'altro modificherà in qualche modo la mia ricerca.
Ed è soprattutto per questo che ringrazio ancora tutti coloro che hanno
reso possibile la realizzazione di questa mia opera.